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Ginkgo Biloba

Il Ginkgo biloba proviene dalla regione floristica del sud-ovest della Cina. In questa vasta area si trovano i monti Dalou, una catena di montagne calcaree situata tra l’altopiano tibetano freddo e le pianure subtropicali del fiume Yangtze. Su alcuni versanti di queste montagne si trova il Ginkgo.

Ginkgo, natura, paesaggi lontani

I monti Dalou si sono formati cinquanta milioni di anni fa, quando la placca tettonica del subcontinente indiano ha cominciato a collidere con l’Eurasia in un fenomeno ancora in corso. Ogni anno, l’Everest si alza di quattro millimetri! Questi stessi cambiamenti geologici, insieme alla conseguente differenziazione degli habitat, hanno portato allo sviluppo di una vasta gamma di piante in Asia.

Non è sorprendente, quindi, che molte delle specie ornamentali più utilizzate nella progettazione di giardini, come abelie, ortensie, osmanti odorosi, camelie, rododendri e aceri, provengano da qui. Inoltre, il WWF ha incluso la regione del sud-ovest della Cina tra le 200 ecoregioni del mondo a massima priorità di conservazione, considerandola l’espressione massima del bioma delle foreste di latifoglie e foreste miste temperate. Non c’è da stupirsi se si sogna di viaggiare in questa parte del mondo!

Una lotta per la sopravvivenza

Quello che ci dicono i fossili

I fossili ci raccontano che il Ginkgo biloba è il rappresentante vivente di una famiglia di piante, le Ginkgoaceae, presente sulla Terra da almeno duecentottanta milioni di anni e che nel Mesozoico (era compresa fra 248 milioni di anni fa e 65 milioni di anni fa) appariva largamente distribuita in tutto il globo, non solo in Asia ed Eurasia, ma anche in America e in Antartide.

Tuttavia, nel corso del Terziario, le Ginkgoaceae si riducono progressivamente per numero di specie, senza una connessione logica con gli eventi legati alla grande estinzione dei dinosauri. Cos’è successo a loro? Saranno state forse le glaciazioni? Chi o che cosa le ha tagliate fuori dal mondo? Chi ha costretto il Ginkgo a rifugiarsi e a rimanere nascosto solo in alcuni piccoli distretti della Cina?

I territori del Ginkgo biloba
Il Ginko è abituato a crescere in terreni rocciosi e calcarei

Studiando le rocce fossili, gli scienziati hanno dedotto che nel suo passato, il Ginkgo era una pianta comune in zone ripariali, terrazzamenti fluviali e scarpate vicine ai corsi d’acqua. Probabilmente, proprio per l’abbondanza di vegetazione che era tipica delle zone umide, il Ginkgo cresceva molto in verticale prima di espandere la sua chioma in orizzontale sulle altre piante. Oggi, ad una persona che si occupa professionalmente di piante e di progettazione di giardini, risulterebbe impossibile immaginare il Ginkgo competitivo con la vegetazione spontanea che si insedia lungo fiumi, torrenti e ruscelli. Soccomberebbe di fronte alla velocità di crescita di piante come salici, pioppi e ontani, ma all’epoca dei grandi dinosauri, le piante che componevano gli ecosistemi erano diverse da quelle attuali. Avremmo trovato molte conifere, cycas, felci arboree, equiseti giganti, tutte piante senza fiori poiché i fiori erano ancora una cosa del futuro. E allora quando è che il mondo intorno al nostro Ginkgo è cambiato ed è diventato come lo conosciamo oggi?

Un invasione di piante

Fra i cento e i sessanta milioni di anni fa, periodo che coincide con quello della grande estinzione di massa dei dinosauri, si stava facendo rapidamente largo una nuova divisione di piante più moderne ed evolute, quelle delle angiosperme o piante a “fiore vero” e a seme protetto da un frutto. Grazie all’aiuto degli insetti impollinatori come le api, le piante a fiore erano in grado di propagarsi ad una velocità mai vista prima. Il successo delle angiosperme è stato così straordinario che rappresentano oggi la quasi totalità delle specie vegetali. Molte piante preistoriche come conifere, felci e cycas sono state progressivamente soppiantate e confinate in habitat marginali, come zone fredde o scogliere.

Il Ginkgo biloba è una gimnosperma primitiva, ma non è una conifera e non appartiene all’Ordine delle Pinales poiché non produce coni. L’albero raggiunge l’età riproduttiva solo quando è adulto e il processo di impollinazione è lento e arcaico. Per lo più, l’impollinazione del Ginkgo avviene a terra, come avviene nel mondo delle felci. Non conosciamo il motivo per cui il Ginkgo abbia questo particolare fenomeno di impollinazione. Probabilmente in ere più antiche, l’impollinazione del Ginkgo era affidata sia ad insetti non volanti che al vento. In sintesi, il Ginkgo, lento nella crescita e nella riproduzione, sembrava non avere le migliori carte in regola per sopravvivere. Ma aveva da giocare le sue carte.

Foglie di Ginkgo con la classica forma bilobata a ventaglio.

Le glaciazioni

Nel corso della nostra era, il Quaternario, si sono verificati lunghi periodi glaciali, diciassette o diciotto, alternati a periodi interglaciali più brevi. L’ultima glaciazione, la glaciazione Würm, è iniziata circa centomila anni fa ed è terminata circa undicimila anni fa. Durante il suo svolgimento i ghiacciai coprivano fino al trenta per cento delle terre emerse, con alcune zone di Taiwan che risultavano ghiacciate. In Europa, la Polonia era interamente coperta di ghiaccio, il che spiega perché oggi ospiti solo circa duemila specie di piante vascolari, mentre l’Italia, che allora era per la maggior parte libera dai ghiacciai, ospita circa ottomila specie.

Durante le glaciazioni, interi continenti a intermittenza si spopolavano di piante e animali che dovevano sopravvivere solo in zone più riparate, definite aree rifugio. L’Olocene, seconda epoca del Quaternario, ed epoca in cui viviamo oggi, è ciò che resta di un mondo distrutto dal ghiaccio. Si tratta di undicimila anni di tregua, sebbene sempre caratterizzati da rapidissime fluttuazioni climatiche. A tal proposito, basti pensare che pochi secoli fa, durante l’Impero Romano, il livello del Mar Tirreno pare fosse oltre un metro più alto.

Tornando al nostro albero, uno dei fattori chiave per cui il Ginkgo biloba è giunto fino a noi dalla preistoria è probabilmente la sua resistenza alle basse temperature. Inoltre, durante le ultime fasi glaciali, i monti Dalou, situati in una zona del mondo a clima subtropicale e ricchi di valli profonde e riparate dal gelo, hanno con tutta probabilità offerto al Ginkgo un’area rifugio dove poter sopravvivere al congelamento e al freddo più intenso. Qui, fra queste montagne, il Ginkgo cresce ancora, e cresce in compagnia di vecchi amici, come i generi di piante arborifere Cupressus, Liquidambar e Taxus, che si ritrovano insieme a lui nelle impronte fossili.

Il substrato di crescita ideal per il Ginkgo biloba

Il Ginkgo biloba è adattabile a terreni diversi, purché non troppo asciutti d’estate. Tuttavia, l’indole di questa pianta sembra essere quella di crescere in terreni rocciosi e calcarei, dove affonda le sue radici nelle sacche di terra fra le fessure delle rocce. Questo è forse il substrato che più di tutti preferisce per crescere.

La resilienza è una caratteristica comune di tutte le piante relitte del Terziario. Queste piante sopravvissute alle glaciazioni quaternarie sono spesso capaci di resistere alle cattive condizioni atmosferiche, di terreno e di esposizione, e possono persino resistere all’inquinamento. Di fronte all’estinzione di molte famiglie di piante preistoriche, la capacità del Ginkgo di resistere e prosperare in ambienti difficili è stata importante per la sua sopravvivenza. Abituato a crescere in zone impervie e franose che caratterizzavano i corsi dei fiumi, il Ginkgo ha trovato nelle zone difficili, calcaree e rocciose dei monti Dalou, l’habitat ideale nel quale poter essere competitivo con le piante più moderne.

Nel suo habitat naturale, il Ginkgo riesce ad avere una vita facile anche su pendii più in ombra e interessati da frane e smottamenti che spesso ne disturbano le radici, le quali possiedono una grande capacità di rigenerazione. Il suo stesso apparato radicale è stato visto sopravvivere a lungo esposto all’aria dopo una frana. Non è raro che il Ginkgo in età matura produca i cosiddetti “chi-chi”, una sorta di radici aeree di cui non si è ancora compresa del tutto la funzione. Ed è proprio per questa sua adattabilità che è molto usato anche come alberatura stradale, situazione in cui le radici degli alberi vengono spesso disturbate da scavi necessari al passaggio di servizi come quelli fognari o elettrici.

Gli ultimi secoli

In età storica i monaci erano soliti coltivare il Ginkgo biloba nei loro giardini, apprezzato sia per le sue qualità di pianta ornamentale che per le sue noci, che se cotte e private della polpa si possono mangiare in piccola quantità. Il Ginkgo ovviamente non è sopravvissuto grazie ai monaci, i quali semmai ne hanno solo favorito la diffusione. La sua storia, come abbiamo visto, è una storia di milioni di anni più antica.

Negli ultimi secoli, se da una parte vediamo la minaccia consistente per il Ginkgo in natura dovuta allo sviluppo agricolo dei monti Dalou, dall’altra assistiamo alla comparsa di molte nuove varietà di Ginkgo biloba che hanno sancito per questa specie una sorta di riconquista del mondo. Oggi esistono varietà di Ginkgo nane, pendule, fastigiate e con colori autunnali dai toni gialli sempre più accesi

Ginkgo biloba visto dal basso
Gli alberi di Ginkgo offrono una cupola vegetale di estrema bellezza

Conoscere le abitudini e la storia più antica di questa specie significa non solo utilizzarla in modo più consapevole nel paesaggio, ma anche comprendere una serie di eventi unici che compongono la storia stessa della vita sulla terra. Mi scuso per le eventuali approssimazioni e inesattezze presenti nel testo e spero che, se l’articolo ti è piaciuto, lo condividiate per incoraggiarmi a scrivere altri articoli sulle piante, sul paesaggismo e sul garden design.

Daniele Proietti – Paesaggista.

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